top of page
VITTORIAFARO
… Le note della musica si fanno gocce di liquore, scivolanti nel sensualismo del racconto e del raccontare. Fondamentale la presenza scenica, vocale e fisica, dell’attrice Vittoria Faro. È capace di rendere la componente sensistica del genere, puntualmente raccolta e vitalizzata nella fluidità del piano. É tramite esso che prende forma il farsi scostante del subconscio, nel suo reagire al mondo esterno. Con l’arte del gesto sottile, della mano minuta ma determinatrice, si dipingono suggestioni oscure, dall’intimo significato. Tra il riflesso sfuggente di un vetro e le luci del palco, si perdono le piccole imperfezione del lungo raccontare.
su POESUITE Gabriele di DonFrancesco, Tribuna Italia 31.01.2015
Come nel teatro antico, molta importanza viene data al corpo, in particolar modo al viso e alla maschera, enfatizzati anche dal trucco nero di occhi e labbra. La Faro, precisa nel controllo di mimica e movimento, sembra deformarsi assumendo pose che incarnano lo strazio e il tormento di Medea. Sgranando occhi e bocca, si contorce, cammina e danza sui ritmi ossessivi in un parallelismo storico – sociologico tra antichità e modernità.
su [M:DEA] Elena D'Elia, Brainstorming Culturale
La Faro è ottima interprete delle turbe di Medea, gioca con l’espressività di un viso stilizzato dal trucco, con i movimenti del proprio corpo e di veli e indumenti che veste e sveste, dialoga interiormente con la propria voce, ora registrata, ora dal vivo.
Il risultato dello spettacolo lascia nello spettatore il giusto senso di disturbo che un personaggio complesso e tormentato come Medea può e deve suscitare, rimarcandone la conflittualità e i dualismi: il suo essere vittima e carnefice, lucida e folle, amorevole e spietata, costretta a rivivere gli istanti più drammatici della propria tragedia nella ricerca di una catarsi che è tanto la sua meta agognata, quanto l’esito raggiunto dallo spettacolo per i propri spettatori.
su [M:DEA] Roberto Semprebene, Four Magazine
La regista, Vittoria Faro, anche una delle protagoniste dello spettacolo, adatta la storia di Vanessa dall’omonimo romanzo di Antonio Amoruso, accogliendo e facendo propria una sfida che va oltre la semplice messa in scena dell’opera: realizzare uno spettacolo che fosse in grado di mettere in discussione le presunte convinzioni della vita, quelle che riteniamo giuste, che crediamo ci rendano liberi e, invece, non fanno che trasformarci in cinici e presuntuosi abitatori del mondo, di un mondo privato che ci rende incapaci di guardare aldilà da esso.
su Vanessa Chiara Paladini, Recensito
bottom of page